Antonia Pozzi, troppa vita nel sangue e la montagna

Pubblichiamo, dal canale YouTube di Àncora Editrice la registrazione dell’iniziativa del 14 giugno 2022, alla Fondazione San Fedele di Milano, “Due libri per Antonia Pozzi”.

Evento che, a 110 anni dalla nascita della poetessa milanese, è stato dedicato alle nuove edizioni ampliate dei volumi di Graziella Bernabò,  “Per troppa vita che ho nel sangue. Antonia Pozzi e la sua poesia” e di Marco Dalla Torre, “Antonia Pozzi e la montagna”.

Il convegno, moderato da  Guido Agostoni, Presidente dell’Assemblea dei Sindaci del Distretto di Lecco, già sindaco di Pasturo e promotore del progetto “Sulle tracce di Antonia Pozzi – il percorso poetico di un territorio”, è stato aperto e intervallato dalla lettura di versi pozziani da parte di Aglaia Zannetti, attrice, regista, speaker. Mentre l’introduzione ai due libri è stata offerta da Onorina Dino, creatrice dell’Archivio Antonia Pozzi e curatrice delle sue opere.

“Qual è stato il filo conduttore di questa biografia? È stato il fatto di seguire non i desideri del padre o di altri rispetto a lei [Antonia Pozzi], ma il suo personale desiderio di una libertà autentica e quindi di una vita – per usare una sua espressione – tutta nutrita dal di dentro e senza schiavitù. Oltre a questo, ho voluto seguire anche, nel libro, la vocazione alla poesia che ha percorso tutta la sua vita. La vocazione a una poesia che di quella vita autentica fosse l’espressione più profonda – ha affermato Graziella Bernabò -. Antonia Pozzi sa restituire, con pari efficacia, il respiro della natura e del mondo animale collegato con la natura, e l’amore, l’amicizia, la ricerca di un senso della vita e della stessa poesia, le profondità del cuore umano – ha aggiunto la biografa -. E, a un certo punto, anche le grandi tragedie della storia, quelle di sempre, purtroppo: la guerra e la miseria dei ceti sociali più svantaggiati. Tutti questi elementi tematici si traducono in un linguaggio poetico colto e raffinato ma nuovo per la sua epoca. Antonia Pozzi dà vita a una poesia di radicamento forte e vivo nel reale e procede per immagini estremamente sensoriali e corporee, perciò di grande impatto emozionale. Pozzi supera così quella frattura fra parola e corpo che era caratteristica di quasi tutti i poeti del suo tempo”.

Secondo Marco Dalla Torre, per Antonia Pozzi, che “vive sempre molto nel profondo (…), l’alpinismo non era un hobby, non era uno sport. Lei faceva altre cose, giocava a tennis, andava a cavallo… siamo su dei piani diversi. Davvero, a un certo punto la montagna è entrata anche un po’ nella figurazione di sé. Il rapporto con la natura, e in particolare il rapporto con la natura alpina, forse perché così intatta, così poco antropizzata, per lei era una fonte di energia e di rasserenamento. C’è un ruolo terapeutico, anche, dell’andar per monti. Con l’entusiasmo di mettere alla prova le proprie capacità fisiche, con la gioia di far fatica in montagna – ha sottolineato l’autore, che nel suo libro ha ricostruito l’attività alpinistica della poetessa, analizzando la relativa trasfigurazione operata nei suoi versi -. Lei, a parte le prime vacanze giovanili, va in montagna seriamente per dieci anni, dal 1929 al 1938. Da quando ha 17 anni all’anno della morte. Il giorno prima di morire aveva telefonato a Misurina per prendere accordi per andare a fare le vacanze di Natale, che poi non fece”.