Dai Diari – [1938]

“Ieri, sull’argine del Ticino, dove il fiume fa un’enorme ansa e la corrente si attorce in gorghi azzurrissimi, e ha subbugli, scrosci, rigurgiti improvvisi e minacciosi, sono rimasta per un’ora sulla riva in faccia al sole che tramontava, a chiacchierare con un guardiacaccia che fu al servizio del mio nonno e si ricorda della mia mamma e delle mie zie bambine. Ebbene: era un senso strano pensare che tutta questa smisurata terra, i campi coltivati da Motta a Bereguardo, e i boschi della riva, dal lido di Motta fin giù al ponte di barche, con i diritti di pesca, di caccia, di cava d’oro persino, erano proprietà unica dei miei antenati.
Io non so che cosa pagherei per potermi costruire qui, in vista del Ticino, due stanze rustiche e venirci a stare; le mie radici aristocratiche non le sento molto, nemmeno qui, ma le mie radici terriere sì, in modo acuto e profondo, e gli uomini dietro l’aratro mi incantano, non solo per un senso di armonia estetica” […]